Morte di Cleopatra, c. 1660
Morte di Cleopatra, 1658
Allegoria del Tempo, c. 1650
Vanitas, XVII d.C
La Vergine che legge
Madonna con Bambino e Santi, 1600-1625
Madonna con Bambino, 1622 - c. 1625
San Giuseppe, Sant'Eligio e Gesù fanciullo, 1635
Vocazione di San Matteo, 1620 - c. 1625
Saint John the Baptist, holding a shell and the cross
Davide con la testa di GOLIA
Davide con la testa di GOLIA
An angel playing the harp
Gloria di san Mercuriale, Forlì, Pinacoteca Civica 1622-1644
Dopo un inizio vagamente caravaggesco si accostò a Guido Reni, accogliendo con esiti personali elementi veneti; non disdegnò forti effetti barocchi, per ricomporsi poi in un misurato classicismo. Tra le opere: la Gloria di s. Mercuriale e la Gloria di s. Valeriano nel duomo di Forlì (1642-44); Morte di Cleopatra, Vienna, Kunsthist. Mus.; Morte di Lucrezia, Lione, Mus. des Beaux-Arts. Fu anche raffinato incisore.
Giacobbe tra Lia e Rachele, c. 1655Sleeping Christ with Zacharias and John the Baptist 1630-1640 Museo Condé. Chantilly. Francia.
Giuditta con la testa di Oloferne, c. 1645
Natura morta con fantesca che batte due cani, XVII d.C.
Penitent Mary Magdalene
Visione di San Gerolamo, 1661-1662
Studio per Maddalena orante, collezione Koelliker
Maddalena penitente, c. 1640
Sant'Agnese, c. 1640
Marta redarguisce Maria per la sua vanità, 1660 - c. 1665
Marta redarguisce Maria per la sua vanità, 1660 - c. 1665 - detail
Maddalena in meditazione, 1626-1627
Allegoria dell'Astrologia sferica, 1650 - c. 1655
Frasca fiorita, XVII d.C.
La Pinacoteca civica di Forlì ha acquistato un interessante dipinto allegorico del Cagnacci, la Allegoria dell'Astrologia sferica, mentre la bellissima e discussa Fiasca con fiori, sempre della Pinacoteca forlivese, ha in Cagnacci solo uno dei possibili autori.
La fiasca è considerata "il quadro più bello del mondo" da Antonio Paolucci, in quanto realista senza essere iperrealista.
Ratto d'Europa, c. 1650
Maddalena portata in cielo, c. 1640
Giovane martire, 1638 - c. 1640
Maddalena penitente, 1626-1627
Le belle di Guido Cagnacci
Cleopatre, Lucrezie, Maddalene, ignude o discinte, sono la specialialità di Cagnacci, protagonista del naturalismo europeo del Seicento.
Le donne, dipinte più o meno ignude o discinte, sono state la fortuna del romagnolo Guido Cagnacci. E alle donne, alle "mezze figure" in cui seni, spalle, visi, il corpo concreto e le emozioni di morte e di esaltazione mistica, sono immersi in una luce perlacea, è affidata la sua fortuna nella storia del naturalismo europeo del Seicento.
La morte di Cleopatra, 1660 circa, Vienna, Kunsthistorisches Museum.
Il suicidio di Cleopatra, la celeberrima regina egiziana, dopo la sconfitta di Marco Antonio, per non dover subire l’umiliazione della cattura da parte di Ottaviano Augusto.
Le due versioni più famose la ritraggono ormai esanime, abbandonata su una imponente poltrona dall’alto schienale di legno imbottito: in una, la più nota (153 cm. x 168,5 cm., presso la Gemäldegalerie del Kunsthistorisches Museum di Vienna), reclina il capo in avanti ed è circondata da uno stuolo di giovani ancelle come lei discinte, apparentemente commosse (si noti che le uniche due anziane, e verosimilmente vestite, sono seminascoste dallo schienale, per cui se ne vedono solo i volti addolorati); nell’altra (120 cm. X 158 cm., Pinacoteca di Brera, Milano), ella piega lievemente la testa all’indietro e, gli occhi appena socchiusi nel sapiente gioco di ombra e luce, «par che dorma», come dice Tasso di Armida: è da sola, e ciò sottolinea l’atmosfera non già drammatica, ma dolcemente abbandonata e quasi sognante della scena.
Sant'Agata, 1635 - c. 1640
Cleopatra, 1645-1650
Lucrezia
Cleopatra, XVII d.C.
Quello che però colpisce maggiormente l’osservatore, in questa tela di Guido Cagnacci, non è la perfezione dell’anatomia (eppure si tratta certo di uno dei più bei nudi femminili della pittura italiana post-rinascimentale, con il seno piccolo ma perfetto e la linea morbidissima del fianco e delle braccia), bensì l’espressione del viso e, soprattutto, l’espressione degli occhi e il gesto di aprire la bocca: si direbbe proprio che a questa infelice regina manchi solo la parola per poter esprimere compiutamente il proprio dramma.
Cleopatra, XVII d.C.- particolare
Susanna e i vecchioni, XVII d.C.
Guido Cagnacci (Santarcangelo di Romagna, 19 gennaio 1601 – Vienna, 1663) è stato un pittore e prestigioso incisore italiano.
Definito dalle fonti artista bizzarro e stravagante, nasce nel 1601 a Santarcangelo di Romagna, cittadina sulla via Emilia, distante una decina di chilometri da Rimini, e una ventina da Cesena. Non sappiamo chi sia stato il suo primo maestro, ma tra il 1618 e il 1621 è mantenuto dal padre a Bologna per apprendere l'arte della pittura, probabilmente presso Ludovico Carracci o un artista della sua cerchia.
Importanti furono anche due soggiorni romani, nel secondo dei quali, tra il 1621 e il 1622, lo troviamo a fianco del Guercino. I suoi primi dipinti documentati sono le due tele che ornano la Cappella del Santissimo Sacramento nella Parrocchiale di Saludecio, del 1627. Dal 1623 al 1648 la sua attività si svolge soprattutto in Romagna, un periodo che vede l'affermarsi della fama dell'artista, ma che è anche segnato da avvenimenti turbolenti, come un tentativo di fuga con una giovane e chiacchierata vedova della nobile famiglia Stivivi, Teodora, per il quale nel 1628 Guido è bandito da Rimini.
A Santarcangelo gode della protezione di Monsignor Bettini, che nel 1635 gli commissiona la pala con San Giuseppe e Sant'Egidio per la Confraternita dei falegnami e dei fabbri, opera che segna lo spartiacque tra la fase giovanile dell'artista e la maturità, che lo vedrà rivolgersi soprattutto verso i grandi maestri emiliani, e in particolare Guido Reni e il Guercino.
Nel 1643 lavora ai dipinti del duomo di Forlì con San Valeriano e San Mercuriale, lavori a cui non sono estrenei né la prospettiva né i colori di Melozzo, mentre nel 1647 è a Faenza, in relazione con la potente famiglia Spada. Proprio per quel che può aver assorbito da Melozzo, a Roma e a Forlì, e per quel che ha colto dall'ambiente culturale forlivese, è stato messo in relazione con la scuola pittorica forlivese.
Con il 1648 termina l'attività romagnola del pittore, che si stabilisce a Venezia con il nuovo nome di "Guido Canlassi da Bologna". A questo punto si datano molti dei suoi dipinti con figure femminili e soggetti profani. Su invito dell'imperatore Leopoldo I, verso il 1660 si trasferisce a Vienna, dove muore nel 1663.
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